Grano del SENATOR CAPPELLI nasce dall’incontro di Nazareno Strampelli (29/5/1866) che dopo la laurea in Agraria all’Università di Pisa iniziò a studiare il frumento con l’obiettivo di migliorarne qualità e produttività, e il deputato del Regno Raffaele Cappelli artefice della riforma agraria che portò alla distinzione tra grani duri e teneri.
L’anno della svolta: il 1923
Strampelli procede alla selezione e all’incrocio di grani duri provenienti dal Sud Italia e dalle isole nonché da altri Paesi del Mediterraneo. Otto anni più tardi, riesce nell’obiettivo: seleziona una varietà, tipicamente autunnale, con buone prospettive di adattamento climatico e grande resa ai fini della pastificazione. Varietà ricavata dal grano tunisino Jenah Rhetifah. È il grano che nel 1923 – l’anno della svolta – viene ‘rilasciato’ (spiegano così gli esperti) con il nome desunto dal cognome dell’Onorevole Cappelli, nel frattempo divenuto Senatore.
È un autentico successo!
Gli agricoltori italiani lo preferiscono sempre e comunque sebbene risulti un po’ troppo alto nella spiga ed incline alla ‘piegatura’ della stessa. La sua produttività è impareggiabile, inarrivabile. I contadini ottengono, verso la fine degli Anni Trenta, oltre una tonnellata di frumento per ettaro. Il Senatore Cappelli – dicono ancora le cronache – negli anni Trenta e Quaranta copre quasi tutte le terre coltivabili della Puglia e della Basilicata: il suo chicco contiene ricche percentuali in lipidi, amminoacidi, vitamine e minerali. E in più dimostra una spiccata digeribilità e un’ottima resistenza alla cottura (non scuoce mai).
Il Senatore Cappelli raggiunge livelli di diffusione sempre più elevati nel corso dei decenni successivi; eguagliando un’estensione pari al 60% dell’intera superficie a grano dello Stivale. Strampelli però non diventa mai ricco grazie al ‘suo’ frumento – così come per gli altri da lui ‘inventati’ – perché poco interessato a farsi riconoscere ogni diritto commerciale. Una figura a cui la cucina italiana deve molto – specie oggi, in un periodo di pieno rilancio della varietà – ma che in pochissimi conoscono a fondo; anche in ragione delle inesistenti pubblicazioni scientifiche. Pubblicazioni a cui lui non vuole mai dedicarsi. Preferendo invece, da indefesso lavoratore qual è, trascorrere tutto il tempo a disposizione nel contatto dei campi e nel suo preziosissimo, inaccessibile ‘gabinetto’ di ricerca.